Il sorriso del Tigre per un Foggia di nuovo sulla giostra dei sogni

Il sorriso del Tigre per un Foggia di nuovo sulla giostra dei sogni

Un giorno senza sorriso è un giorno perso”, diceva sir Charlie Chaplin peregrinando nei silenzi di uno sguardo assorto. Lo pensava pure Roberto Carlos quando affrontava Ronaldinho nel Clásico di Spagna tra Real e Barcellona. “Quando lui mi puntava, io ridevo…”, raccontava divertito l’esterno dal sinistro ciclopico, perché ogni movimento di Dinho era poesia e allegria. Suscitava emozioni. E gioia. Il calcio è cultura del sorriso. Ovunque, ma soprattutto deve esserlo qui a Foggia, dove l’oscurità pervade ogni angolo di speranza rinnegata! E allora il pensiero va al sorriso contagioso del «Tigre» Alexis Ferrante. La sua semplicità, quel ghigno simpatico che lo rende uno straordinario balsamo contro l’invidia. Alexis si schernisce quando gli parlano dei suoi trascorsi romani. “Ma quelli erano campioni”, ha ripetuto in conferenza riferendosi a Totti, Lamela e Osvaldo, i tre moschettieri di un tridente che – peraltro – non salvò la panchina di Zeman nella stagione 2012/13. Il Tigre sorride perché come ha scritto Bebe Vio… “la vita è una figata”, e se lo dice lei, maestra di forza, che ha “triturato” ostacoli e strappato pure un selfie a Obama, c’è da crederci.

Ferrante sorride perché ha sangue latino, è di Baires, anche se è arrivato in Italia a soli 12 anni. Per giocare a calcio. Fútbol y familia, il connubio che fa felice il Tigre. Sorride Alexis, e sorridono i tifosi del Foggia. Il suo bottino è già di nove gol, uno score pingue ma da implementare senza porsi limiti. Con la sola voglia di migliorare e… sorridere. Il suo idolo è Batistuta, e non potrebbe essere altrimenti, perché Ferrante è l’erede di una scuola sublime di “punteros” argentini: oltre all’ex centravanti di Fiorentina e Roma, Crespo, Higuaín, Alario (solo per citarne alcuni), tutti «9» capaci di inventarsi il gol dal nulla. Nella libertà della solitudine, con un colpo “incendiario”. Come ha fatto il Tigre a Bari nel giorno più importante: un capolavoro d’istinto e cattiveria, nell’inimitabile stile rioplatense! Contro la Paganese, poi, la rete tecnicamente più complicata: un sinistro secco da fermo, una roba preclusa a quanti non hanno mai annusato l’odore della Pampa. Infine Catania, l’ultimo respiro, la garra gaúcha, la volontà, un giro astuto sull’avversario e un rigore realizzato quando il thé caldo già aspettava… Fabio Caressa negli spogliatoi.

Il sorriso del Tigre è quello del suo mentore e tecnico Zdenek Zeman: ah se Destro non avesse segnato in quel Fiorentina-Roma di Coppa Italia del 2013, lui avrebbe debuttato in Prima Squadra e forse la sua carriera avrebbe avuto un altro percorso! Chissà… Comunque, sollecitato sulla vittoria più bella tra le 100 con i satanelli, il boemo ha citato il 2-1 alla Juventus perché contro il Bari – ha sottolineato ridendo – “(…) era troppo facile”. La chiave in un sorriso. È tornato a balenare in Capitanata dopo l’oscurantismo di un’epoca di guerreggianti dichiarazioni e battaglie sul tappeto verde e – a volte purtroppo – anche fuori! Con Zeman, magari, potrebbe anche non arrivare la vittoria (alla quale noi – sommessamente – crediamo pure, soprattutto guardando al futuro e a quella mano di carte tra il mister e il patron), ma certamente si è rivista la leggerezza della giostra. Quando i bambini salivano sull’ottovolante dei sogni e dei desideri… Il gioco è competizione, leale e possibilmente spensierata, senza dimenticare mai però che in fondo il calcio è “la cosa più importante tra le cose meno importanti della vita” e che a Foggia il sorriso è merce rara e preziosa, che non si trova certo sui banchi del mercato di via Miranda…

3 Commenti

  • Carissimo Gianpaolo devo dirti che è bellissimo leggerti, tutto chiaro…..che bello ti ringrazio.

    Con stima Massimiliano

  • Concordo è davvero un piacere leggerti oltre a dare la sensazione di essere davvero un giornalista di grande cultura che non si ferma al calcio…

  • Perfetto!! Ogni volta che leggo un suo articolo trovo qualcosa di poetico che il calcio non sempre esprime .
    Complimenti

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