Nell’esultanza del Tigre una scintilla di speranza!

Nell’esultanza del Tigre una scintilla di speranza!

In quell’esultanza rabbiosa rinasce la speranza. Che è un po’ la fede verso ciò che non si vede. O che sino ad ora non si è visto. Il Foggia ha un leader naturale, lo hanno notato gli osservatori più attenti allo stadio. Segna l’Andria, cala il gelo sullo Zaccheria. La condanna è scritta. Per tutti, non per il Tigre! Un balzo in campo, la tuta sradicata. “Tocca a me”, sembra invocare il cambio con furore. Lo stesso che mette su quella palla disegnata con il compasso da Nicolao. Ferrante, sempre Ferrante… fortissimamente Ferrante. Che assomiglia tanto a quel “(…) volli, sempre volli, fortissimamente volli” di alfieriana memoria o al «volere» che per Schopenhauer è il “cogliere la cosa in sé”. Alexis è mancato al Foggia come Ronaldo al futebol quando il ginocchio del Fenômeno fece crack! La vitalità del Tigre, il carisma vomitato in un solo pallone. E poi quel montante di piede al cartellone pubblicitario. Il petto battuto più e più volte. E ancora il tiro finito in curva, da casa sua. Di puro istinto, senza raziocinio ma con la sola voce di uno che… grida nel deserto! Alexis è appena uno schizzo di luce. Uma faísca che brilla nell’oscurità tenebrosa in cui è precipitato il Foggia. Sulle criticità rossonere abbiamo disquisito abbastanza: un tasso insufficiente di personalità; una rosa povera di ricambi realmente qualitativi; le contingenze negative (leggasi Covid che peraltro ha colpito in tempi magari diversi quasi tutte le squadre del campionato!) che hanno rovesciato addosso responsabilità troppo grandi a panchinari impreparati; un mercato paradossalmente rallentato dalla lunga sosta con l’arrivo “last minute” di elementi che in pochi giorni hanno dovuto indossare i panni dei salvatori della patria. I limiti strutturali del Foggia si sono delineati con nitidezza, qualche scelta strategica opinabile di Zeman non ha aiutato a diradare le nebbie dello scoramento. Però alla vigilia della trasferta di Messina s’accende una scintilla. La scintilla! Quella cattiveria agonistica che non ha una definizione ma un nome: Mario Mandzukic. Duro ma onesto, politicamente scorretto, centravanti di una Croazia orgogliosamente capace di contendere alla Francia il Mondiale 2018. “No good”, diceva Mario, e davvero il Foggia d’inizio 2022 è stato “No good”! Ma c’è il Tigre che schiuma coraggio. A lui si affida il popolo rossonero per tornare a crederci. E con lui ecco all’orizzonte il ritorno di Sciacca, il “professore” della retroguardia, che possiede la dote più gradita da un tecnico, quella di far giocare bene chiunque gli sia accanto. E poi s’intravede una condizione psico-fisica in ascesa di Rocca e Merola, “massacrati” dai lunghi periodi di stop e timidamente riapparsi in percorsi virtuosi. Solo discrete intenzioni, per carità, nulla che faccia gridare alla rinascita (i risultati attuali “sbugiarderebbero” qualsiasi anelito di esaltazione), appena qualche anticorpo al virus della delusione che ha contagiato l’ambiente Foggia. E allora, speriamo in quell’esultanza incontrollata, negli occhi della tigre, anzi del… Tigre, in una rivolta che s’incarna in eroi bolivariani con la bandana in testa e il mancino che “mitraglia”. Il Foggia c’è ancora. Deve esserci ancora. Si va a Messina per vincere. Perché il tempo è scaduto, il campionato corre e non aspetta più… Entonces, vamos satanelli!

2 Commenti

  • Complimenti Gianpaolo!
    I tuoi articoli sono sempre un piacere da leggere.

  • Abitavi dalle parti di via luigi sturzo a foggia, Massimo?

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